Non è facile parlare della propria città e del suo territorio e ancora più difficile descrivere la sua anima.
Raccontare la propria terra è spesso una sfida. Per questa ragione abbiamo deciso di dedicare uno spazio del nostro sito ai racconti di chi questo territorio lo ama e lo vive tutti i giorni.
Il racconto che segue nasce dal progetto GiraEmilia, con lo scopo di dare visibilità ai luoghi più belli e meno conosciuti delle città di Parma e Reggio Emilia attraverso la voce e la professionalità delle guide turistiche di Emilia.
Buona lettura!
Le Pietre di Parma
di Giacomo Galli
I monumenti e i luoghi di una città antica come Parma si possono vedere con gli occhi e apprezzare con i sensi. Toccare e scrutare da vicino le pietre e i fossili che caratterizzano i monumenti-simbolo del centro è un altro modo per imparare a rispettarli e amarli. La storia umana e naturale è, infatti, un magnifico strumento contemporaneo per apprezzare il presente.
Parlando di pietre caratterizzanti gli edifici storici di Parma, potrebbe venire subito in mente il tenue colore bianco-rosato delle pareti esterne del Battistero, considerabile forse come uno dei monumenti più belli realizzati con il cosiddetto “marmo veronese”. Questa roccia, per definizione un calcare nodulare, non è un vero marmo, bensì una roccia sedimentaria caratterizzata dalla presenza di numerose concrezioni e fossili.
Il suo colore, variante dal bianco-rosato al rosso più intenso, dipende dalla distribuzioni di mineralizzazioni contenenti ferro, come ad esempio l’ematite. Per questo motivo viene comunemente conosciuto anche con il nome di “Rosso Ammonitico”. Non sono pochi i fossili presenti in questa roccia, tra cui le bellissime ammoniti. Sulle gradinate di quello che è comunemente conosciuto come “il portale della Vergine”, è possibile ammirare il rostro (conchiglia mineralizzata) di una belemnite, animale estinto e lontano parente di calamari e seppie. Questi rostri, quando nel mondo antico venivano ritrovati, in alcune occasioni venivano interpretati come fulmini pietrificati. La parola Belemnite deriva dal greco belémnon (ossia dardo-giavellotto), evocano con la loro forma potenti talismani.
Il rosso ammonitico è giunto a Parma sfruttando la fitta rete di canali e corsi d’acqua che ne permettevano il trasporto dalle cave, site nel veronese, sino alla nostra città sfruttando apposite imbarcazioni fluviali. La particolare forma a spirale delle ammoniti ha affascinato l’uomo di tutte le epoche. La stessa parola identificativa del fossile, è in grado di evocare le ampie e voluminose corna del Dio Giove Ammone. Immaginati anche come serpenti pietrificati, le ammoniti del pavimento del duomo sono forse da considerarsi come il più vasto museo di fossili a cielo aperto di Parma. Tutta la superficie pavimentale cinquecentesca, realizzata appunto con il rosso ammonitico, è costellata da fossili di dimensioni, forme e generi differenti.
Secondo molti filosofi e studiosi del passato, le conchiglie che vediamo sono l’affascinante evidenza di una misteriosa forza genitrice della natura, in grado di ricreare e imitare forme di vita esistenti.
Leonardo fu attento osservatore di tutto ciò che concerne la geologia, e proprio tra le colline di Piacenza aveva descritto numerosi “nicchi” fossilizzati interrogandosi sulla loro provenienza e funzione.
Le pareti esterne delle cappelle laterali del Duomo, ed in particolar modo quelle della cappella Valeri, mostrano invece l’ampio utilizzo del materiale più diffuso e utilizzato nelle città emiliane: la pietra cotta, ossia il mattone.
Le abili mani degli artigiani d’Emilia vennero chiamati in tutta Italia per plasmare palazzi e statue, con il materiale che più d’ogni altro è diffuso in territorio regionale.
I depositi geologici delle nostre prime colline, infatti, sono silenziosi testimoni di un ancestrale fondale fangoso oceanico estinto.
La vasta pianura padana, gigante dai piedi d’argilla, si sta ancora consolidando e compattando con i materiali provenienti da queste colline. E’ questa azione compattatrice che causa spesso l’inclinazione o lo sprofondamento di antiche torri, come accade ad esempio per le torri pendenti di Bologna oppure per le torri campanarie di San Sepolcro a Parma o della stessa cattedrale.
L’argilla, prelevata in pianura anche da canali, era cotta in grandi forni e i fornaciai dovevano rispettare rigide regole di cottura e di dimensione dei mattoni. Alcuni decori potevano essere realizzati con stampi in legno, altri realizzate sul posto scolpendo e levigando il cotto.
I mattoni della cappella Valeri mostrano ancor oggi l’azione levigatrice umana, che con pazienza e amore ha saputo plasmare, levigare e mettere in posa laterizi perfetti.
La facciata di San Giovanni è, ancora una volta, un tripudio di marmi e pietre pregiate.
Molti di questi materiali vennero prelevati dalle lontane cave affaccianti sul lago Maggiore in Lombardia. Lo zoccolo alla base della facciata è in granito bianco di Baveno, mentre il resto in pietra d’Angera, deliziosa pietra calcarea dalle tenui sfumature rosacee ancora una volta dovuta alla diffusione di minerali come la Limonite o l’Ematite.
La pietra d’Angera, conosciuta e utilizzata con parsimonia già in epoca romana, conobbe sino al 1.600 la sua principale fonte di approvvigionamento alla base del colle a ridosso del lago su cui sorge ancor oggi la maestosa rocca borromea.
Secondo antiche leggende Angera fu il luogo d’origine della nobile famiglia dei Visconti, potente famiglia vocata alla guida di Milano per secoli. I Visconti prima, e gli Sforza dopo, fecero della pietra d’Angera uno strumento simbolico in grado di legittimare e affermare il proprio prestigio. L’utilizzo di questa roccia, pur fragile e facilmente sfaldabile, caratterizza ancor oggi diversi monumenti lombardi, ma non è così altrettanto diffusa al di fuori della Lombardia.
La facciata di S. Giovanni parla così anche lombardo, e questi materiali dovettero giungere a Parma tramite le già menzionate vie d’acqua. La principale cava di pietra d’Angera cessò l’estrazione massiccia di questo materiale ai primi del XVII secolo, poco dopo gli anni in cui Simone Moschino completò la nostra facciata, proprio per non minare la stabilità della soprastante e omonima rocca.
Giacomo Galli
Guida turistica, guida ambientale-escursionistica, accompagnatore turistico per Parma e l’Emilia. In possesso di attestato HACCP. Divulgatore del Parmigiano Reggiano (1 livello)
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